Questo articolo lo scrivo da un treno che pensavo di prendere a Natale.

Lo scrivo con la testa piena di pensieri, tristezza, dubbi, qualche ricordo nuovo e tanta insicurezza.

Ieri parlavo con una mia amica di insicurezze e di come la più grande in questo momento sia il futuro.

Lei mi ha risposto con le parole di un suo amico: â€˜Ma è sempre così labile il confine tra insicurezza ed eccitazione’.
Penso che con questa frase si possano riassumere perfettamente le mie prime settimane di università.

La prima settimana è stata tosta, tanto taaanto dura.

Adattarmi a vivere da sola, lontano dai miei, a gestire una casa e un nuovo percorso di studi.

Mi pareva insormontabile.Le prime sere sono arrivata a casa così stanca da avere la sensazione di dover rimettere.

Ho chiamato i miei genitori non so quante volte, le mie amiche si sono date il turno per ascoltare i miei collassi una volta tornata a casa e posso ammettere senza problemi che senza di loro non ce l’avrei mai fatta.

Eppure non avevo nulla di cui lamentarmi: avevo iniziato a fare amicizia all’università, avevo trovato una palestra, i corsi non erano male.

Nonostante ciò, c’era qualcosa che non andava, sentivo di essere nel posto sbagliato o quanto meno non nel posto giusto.

La seconda settimana è andata meglio.

I mental breakdown al telefono si sono limitati alla prima metà della settimana, poi forse assorbita dal ritmo della vita universitaria, forse anche grazie ad un ciclo sonno-veglia più regolare sono riuscita a concentrarmi sul presente.

Devo dire che in questa settimana è salita su anche mia mamma per cercare casa, quindi questo mi ha reso più serena.

Chi lo avrebbe mai detto che io, la regina dal cuore di ghiaccio, dopo la quarantena mi sarei trasformata in un piccolo Olaf alla ricerca di caldi abbracci.

La terza settimana è stata la migliore fin ora

Avevo iniziato una sorta di routine: andare a lezione, studiare con le mie compagne, andare in palestra, tornare a casa e stare con la mia coinquilina.

Solo che a volte questo ritmo è alienante.

Me ne sono resa conto nel weekend, quando ho avuto l’opportunità di andare a pranzo fuori, fare una passeggiata a parco Sempione e poi alla mostra di Enzo Mari.

Ho capito che un mondo tutto casa e uni non fa per me, che ho bisogno di altri stimoli e Milano me li può dare, sta a me coglierli.

Peccato che questa settimana si sia conclusa con il nuovo decreto di Conte, che è andato a coronare un weekend di pioggia e nebbia privandoti delle ultime briciole di voglia di vivere.

E da lì è franato un pò tutto.

Si sono scoperti dei casi nella mia classe, l’uni ha chiuso per sanificare gli ambienti e ciao ciao alla nuova routine.

Io sono discesa a casa con mio papà, ho fatto il tampone e ho avuto il primo assaggio di DAD.

Sono stati giorni un pò così, un pò sottotono, aspettando i risultati del test.

Ho paura di una nuova chiusura, di quanto un nuovo possibile lockdown possa impattare su tutti noi, ma soprattutto ho paura che tornando qui involverò.
A Milano stavo pian piano costruendo una nuova versione di me, o almeno mostrando quei lati di me che vorrei coltivare.

Con solo un mese per affermare il mio nuovo IO, ho il concreto timore che questo svanisca e io mi ritrovi punto e a capo a chiudermi nella mia bolla e a ricadere in vecchie abitudini.

Per ora tengo duro, poi si vedrà un giorno per volta.
Spero davvero che il nuovo articolo avrà un tono più leggeroVoi come state affrontando questo semi lockdown?

Informazioni sull'autore

Sono una studentessa che ama viaggiare, leggere e scrivere dei mille pensieri che le passano per la testa

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